veduta del Museo Stibbert dal parco

veduta del Museo Stibbert dal parco

Enrico Colle

Il Museo Stibbert, così come noi lo vediamo oggi, è frutto delle trasformazioni attuate da Frederick Stibbert alla villa che sua madre acquistò sulle pendici dei colli fiorentini. L’eclettico collezionista anglo fiorentino infatti modificò il preesistente edificio neoclassico in una fantasiosa reinterpretazione dei castelli trecenteschi toscani, con ampi ambienti al piano terreno pensati per ospitare le collezioni nella successione e nella forma scenografica da lui ideata. Tale lavoro fu condotto a termine dall’architetto Telemaco Bonajuti e dal decoratore Gaetano Bianchi.

Il Salone da ballo del Museo Stibbert

Queste sale confluiscono negli sfarzosi appartamenti privati, arredati e decorati secondo i criteri ottocenteschi, che assegnavano ad ogni ambiente uno stile preciso: neorinascimentale per il salone da ballo, neorococò per i salottini, neoimpero per le camere da letto.

Lo stesso gusto eclettico, la stessa curiosità per il passato e l’esotico sono elementi che caratterizzano anche il parco che circonda la villa. Boschetti, padiglioni, statue, false rovine e un piccolo tempio egiziano scandiscono le tappe, o sono la meta, di percorsi naturalistici-evocativi apparentemente casuali: una visione romantica del giardino che rappresenta un’ulteriore novità portata da Stibbert nell’ambiente culturale fiorentino del tempo.

Frederick Stibbert

Nato nel 1838 da un alto ufficiale inglese e da madre fiorentina ed erede di una grande fortuna, Frederick Stibbert si dedicò, a partire dalla metà dell’Ottocento, a studiare e raccogliere gli oggetti più significativi del divenire storico delle nostre società, primi fra tutti le armi. Il clima culturale di Firenze, tutto rivolto alla celebrazione dei fasti antichi e in cui era attiva una numerosa colonia inglese, fu particolarmente consono agli interessi di Frederick, alle cui rievocazioni storiche non mancò mai di partecipare. Ma i suoi interessi andarono ben oltre i limiti della cultura cittadina. Affascinato da civiltà diverse e lontane, dal Medio Oriente all’allora misterioso Giappone, mise a confronto i nostri con i loro diversi modi di combattere e di vivere, con intuizioni museografiche moderne e tuttora valide. Agenti che operavano in tutto il mondo gli permisero di scegliere gli oggetti più belli, curiosi o interessanti e uno stuolo di artigiani fiorentini al suo servizio fu incaricato di restaurare e ridare vita ai pezzi più significativi radunando così una collezione che, alla sua morte, nel 1906, fu valutata comprensivamente di ben 36.000 pezzi, già disposti secondo percorsi didattici ed evocativi nella casa da lui disegnata e strutturata per questo scopo.

La Cavalcata del Museo Stibbert

Il tipo di collezionismo e soprattutto di armeria, da cui Frederick Stibbert prende ispirazione, è quello inglese, in una visione che spazia dall’Oriente all’Occidente, dall’India al Giappone, dal mondo islamico all’Europa. Il suo scopo è fondamentalmente didattico: le collezioni devono raccontare la storia delle armi e soprattutto del costume, inteso nella sua accezione più vasta. In un grande salone di gusto gotico, costruito appositamente, i cavalieri cinquecenteschi, chiusi nelle loro armature danno vita ad una imponente cavalcata, in cui le pose dei guerrieri e dei cavalli si ispirano ai grandi monumenti equestri di veri personaggi storici, come Emanuele Filiberto di Savoia o l’Imperatore Massimiliano d’Austria. In una sala con decorazioni moresche un altro piccolo esercito, ricoperto di pregiati tessuti e maglie metalliche, testimonia la diversa concezione dell’armamento propria del mondo islamico, che va dal nord Africa, all’Asia centrale fino all’India. Non meno suggestiva è la sezione dedicata al Giappone, con i suoi guerrieri colorati e fantastici e l’estrema eleganza delle vesti e degli arredi.

La Sala Giapponese del Museo Stibbert

Alla fine dell’Ottocento gli ambienti della casa museo di Frederick Stibbert, visitata da D’Annunzio, con il quale il collezionista anglo fiorentino condivideva la passione per l’arte giapponese, si presentavano come un precoce esempio di japonisme italiano, dove le coloratissime armature dei samurai si integravano a meraviglia con le decorazioni neogotiche delle pareti e con le lacche, le stoffe e i bronzi profusi con dovizia in ogni angolo delle varie stanze insieme agli arazzi, ai cuoi impressi, ai mobili e alle tante maioliche e porcellane.

 Frederick Stibbert ebbe dunque il merito di aver inaugurato nella Firenze della seconda metà dell’Ottocento, un nuovo tipo di collezionismo che non si basava solo sulla raccolta dei capolavori dell’arte rinascimentale toscana, ma si apriva verso i grandi imperi dell’estremo Oriente da poco portati alla ribalta del pubblico europeo grazie alla loro presenza alle esposizioni universali con manufatti provenienti da quelle lontane regioni.

Oggi questo ricco e variegato patrimonio artistico che abbiamo ereditato costituisce un forte richiamo per i visitatori e per gli studiosi di tutto il mondo e, nell’intenzione di promuovere la sua conoscenza ad un sempre più vasto pubblico, contemporaneamente alla digitalizzazione di tutte le opere d’arte al fine di incentivare lo studio delle arti decorative, riaprirà la ricca biblioteca costituita, da Stibbert stesso.

La Sala Islamica del Museo Stibbert

Il Museo organizza inoltre mostre tematiche incentrate sull’approfondimento dei vari nuclei collezionistici di cui si compongono le eclettiche raccolte stibbertiane e proprio il 5 ottobre nelle sale espositive si inaugurerà una mostra dal titolo Così lontani, così vicini. Il fascino dell’esotismo negli interni europei tra Otto e Novecento, curata da Sabine du Crest insieme alla Fondazione Alinari per la  Fotografia, che si propone di illustrare, attraverso fotografie d’epoca provenienti dagli archivi Alinari e da collezioni private, insieme ad alcuni oggetti d’arte orientale collezionati da Frederick Stibbert, il gusto per l’esotismo negli interni fiorentini e francesi dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri. Si potranno così ammirare le immagini di inediti scorci degli interni abitati da artisti, scrittori, diplomatici e dandy eseguite da grandi fotografi, come Robert Doisneau, Gervais Courtellemont, Daniel Harlingue o Marion Kalter,

L’esposizione vuole infatti essere un racconto sulla diversità di atteggiamenti e sguardi da parte della società europea per tutto ciò che proveniva da lontano: vivere attorniato da oggetti esotici doveva assumere un diverso significato per un console di Francia in Cina alla fine del secolo scorso o per un mercante d’arte parigino amico dei cubisti, o per Peggy Guggenheim che nel suo palazzo veneziano collocò opere d’arte contemporanea accanto a oggetti africani.

Museo Stibbert

Ordinata in più sezioni, la mostra consta di una prima parte dedicata ai travestimenti di personaggi noti della Firenze del primo Novecento e alle feste organizzate in città durante la seconda metà dell’Ottocento prima della distruzione del vecchio Ghetto, che sarà seguita da un’ampia sezione incentrata sulla coabitazione armonica tra oriente e occidente negli arredamenti europei tra Otto e Novecento; un’altra parte della mostra indagherà i legami segreti che spesso si instaurarono tra il collezionista e gli oggetti raccolti nella sua casa, per finire con l’esposizione di fotografie e oggetti che metteranno a fuoco il confronto, si potrebbe dire in taluni casi anche la sfida, tra gli artisti e le opere provenienti da mondi lontani che coinvolse, in una specie di frenesia di possesso, i collezionisti europei verso l’arte orientale e poi verso quella africana.

Grazie alle fotografie selezionate un dialogo originale potrà essere quindi stabilito tra le immagini dei diversi interni europei popolati dalle espressioni artistiche e artigianali provenienti dalle più disparate parti della terra e la casa museo di Frederick Stibbert, i cui interessi collezionistici si erano precocemente rivolti alle diverse manifestazioni delle civiltà orientali. Sapiente regista dell’allestimento del suo Museo egli infatti seppe far convivere con intelligenza le varie espressioni artistiche così come lo seppero fare gli altri artisti ed intellettuali europei immortalati nelle fotografie della mostra.

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